Almeno da John Rawls in poi, larga parte della filosofia politica degli ultimi decenni ha richiamato l’attenzione sulla questione e non è certo un caso che uno dei testi di maggior successo degli ultimi anni (Il capitale nel XXI secolo di Thomas Piketty) punti proprio a denunciare l’ampia difformità delle condizioni economiche degli uomini del nostro tempo.
Questa attenzione al problema delle diseguaglianze può sollevare varie obiezioni. Un pensatore inglese scomparso una decina di anni fa, Anthony Flew, in alcune pagine formidabili ha opposto i “samaritani” (interessati alle condizioni dei più deboli) ai “procustiani” (determinati a smussare ogni differenza). Non è infatti necessariamente la stessa cosa preoccuparsi dei più deboli e voler ridurre le diversità di reddito e status; al contrario, solo per fare un esempio, è ragionevole sostenere che permettere i grandi profitti delle aziende farmaceutiche aiuti a fare affluire rilevanti quantità di risparmio verso progetti di ricerca volti a sconfiggere le peggiori malattie. Quando adottò il criterio detto maximin lo stesso Rawls affermò che una diseguaglianza apicale è legittima se favorisce la parte più svantaggiata; se in tal modo non abbracciò una posizione coerentemente egualitaria, è perché avvertì che una società in cui ogni successo è abolito toglie qualsivoglia stimolo e incentivo a coloro che possono dare i maggiori contributi al benessere della società nel suo insieme.
È comprensibile, a ogni modo, per quale motivo oggi ci sia tanta attenzione su questo tema. In effetti, il principio di eguaglianza trae forza dall’idea che tutti gli uomini hanno la medesima dignità. È per questa ragione che, a partire dal diciannovesimo secolo, il voto è stato progressivamente esteso a tutti: quale che fosse il genere, il reddito (e quindi il contributo tributario), la competenza, il prestigio sociale. Non è però la stessa cosa essere trattati allo stesso modo dalla legge, disporre ognuno di un voto e, infine, avere tutti la medesima quota della ricchezza complessiva.
Leggere il rapporto:
Giustizia, libertà e paradossi egualitari
(5 pagine, PDF)